Il concetto di smartworking nasce per individuare tipologie di lavoro snello, fluido, votato all’autonomia, lontano da orari e cartellini e basato sul raggiungimento degli obiettivi. Il portare orari e modalità del lavoro in ufficio in casa non è associabile alla definizione di smart working, bensì a quella di telelavoro.

Da una recente ricerca di Innovation Team, del gruppo Cerved, emerge che durante la pandemia da Covid-19, gran parte degli italiani hanno imparato a lavorare in modo diverso, a distanza. Pochissimi lo facevano prima, a causa di barriere culturali che l’emergenza ha spazzato via.

La necessità ha determinato una grande accelerazione, i cui frutti sono permanenti: l’87% di chi l’ha sperimentato prosegue il lavoro a distanza, pur se non a tempo pieno. Il giudizio è largamente positivo ma, dopo l’entusiasmo iniziale, solo il 20% dei lavoratori pensano al telelavoro come modalità sostitutiva.

La grande maggioranza lo considera integrativo e ritiene che non sarà possibile rinunciare alle relazioni dirette e alla presenza nei luoghi fisici: il 57% pensa che in futuro praticherà il telelavoro in modo sistematico ma per una parte non prevalente del tempo.

Questo significa che i tempi sono maturi per ragionare in modo maturo di smart working come lavoro agile, come un contesto dove le persone gestiscono responsabilmente il proprio tempo, attraverso una nuova autonomia che prevede la diffusione di nuove skill manageriali e di leadership fluide, in grado di ragionare più sugli obiettivi da raggiungere che sull’imposizione di tempi e modalità di tipo tradizionale.