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Semplice nella sua complessità: la definizione di inclusione, letteralmente, ci rimanda all’inserimento di qualcuno in un insieme preesistente. È nel come avviene tale inserimento che si sviluppa la complessità andando ad attivare una serie di domande: in che modo avviene l’inclusione? 

Le diversità vanno tutelate e quindi rese evidenti o incluse naturalmente? In che modo si riconoscono le diversità? Che cosa significa che l’inclusione migliore le dinamiche aziendali? Sono tutti interrogativi complessi, ai quali il mondo HR dedica, da anni, studi e attenzione. Questo, perché, la risposta non è semplice e non è univoca. 

Parlare in modo strategico di inclusione e diversità, è stato ed è fondamentale: stereotipi e pregiudizi, demansionamenti, emarginazione hanno reso necessario un ragionamento più complesso sull’inclusione di categorie ritenute “diverse” rispetto a uno status quo determinato in passato. 

Quote rosa, mondo LGBT, disabilità, religione sono diventate parte di un unico calderone dove la diversità andava difesa e inclusa a tutti i costi. Spesso con risultati positivi, altre sfiorando il rischio di creare una nuova “riserva indiana” all’interno dell’azienda. Il tema dell’inclusione è di delicatissima trattazione e deve partire da una nuova visione della società e dell’identità aziendale che deve protendere verso  un’ inclusione normalizzata per un futuro in cui non ci sia bisogno di sottolineare la necessità di inclusione ma questo avvenga in maniera naturale. 

A conferma dell’importanza di questa necessità, parlano i risultati: più un’azienda è attenta all’inclusione delle diversità, maggiore è la compattezza del team, migliori i risultati di business, la risoluzione di problemi e la definizione di nuove idee progettuali in ottica di design thinking.


Secondo la definizione fornita nel 2001 dalla Comunità Europea, la responsabilità sociale d’impresa è «l’integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate».

Un’azienda non può essere slegata dal territorio e dalla comunità in cui opera. Da questa premessa, sempre più realtà hanno avviato una serie di politiche, comportamenti e pratiche connesse al benessere e alla vicinanza con la comunità in cui operano.

Secondo la definizione fornita nel 2001 dalla Comunità Europea, la responsabilità sociale d’impresa è «l’integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate».

Un’azienda non può essere slegata dal territorio e dalla comunità in cui opera. Da questa premessa,sempre più realtà hanno avviato una serie di politiche, comportamenti e pratiche connesse al benessere e alla vicinanza con la comunità in cui operano.

La responsabilità è nei confronti di quelle che la comunità europea indica come parti interessate, gli stakeholder: azionisti e clienti e fornitori ma, ancor di più, verso i dipendenti e le realtà della comunità che si sentono parte di un progetto nobile e sostenibile.

Avviare attività CSR significa trovare un equilibrio tra gli obiettivi economici aziendali e quelli sociali con l’alto intento di lasciare in eredità alle generazioni che verranno un mondo migliore. Le azioni possono essere molteplici: attenzione all’inquinamento e il controllo delle emissioni in ottica di salvaguardia di ambiente e salute, supporto delle iniziative no profit del territorio, focus su diversità e inclusione. L’acronimo che le riassume tutte è ESG: enviroment, social and corporate governance.


Filosofia di gestione aziendale nata nel contesto Toyota per l’ottimizzazione dei processi. Fare più con meno, snellire, dare valore alle poche risorse disponibili, modello just in time sono alcuni dei concetti collegati.

In occidente il lean thinking si concentra sul coinvolgimento attivo delle fasce non manageriali dell’azienda con l’obiettivo di far partire dal basso idee, iniziative e progetti. I programmi lean aiutano a consolidare i team – anche in situazioni di fragilità aziendale – trovare soluzioni alternative, risolvere wicked problems raggiungendo, insieme, il proprio massimo risultato.