Citando l’enciclopedia Treccani, per ritrovare l’origine dell’espressione dobbiamo andare in America, ai tempi della presidenza Clinton, che la indicava come “la disparità nelle possibilità di accesso ai servizi telematici tra la popolazione americana”. Il tema si è rapidamente diffuso in tutto il mondo per definire una netta cesura tra chi utilizza e chi non utilizza i servizi digitali.

Se, dati alla mano, la principale ragione di esclusione rimane di tipo economico, al secondo posto troviamo componenti sociali: il non possedere le competenze utili ad utilizzare correttamente i servizi digitali ne rappresenta, anche a fronte di una disponibilità economica e tecnologica, una discriminante potente.

La diffusione capillare, anche fuori dalle grandi metropoli, di didattica a distanza e telelavoro hanno riacceso i riflettori sul tema.

A rispondere sono state le grandi aziende che hanno avviato operazioni tecnologiche atte a risolvere il digital divide nelle regioni d’Italia più colpite insieme a una nuova educazione digitale. Uno degli errori più diffusi rimane il voler dare per scontato che soprattutto determinate categorie di persone detengano di default le giuste competenze digitali e altre, al contrario, ne siano sprovviste.

Un assessment delle competenze, anche digitali, è fondamentale per andare a equilibrare i livelli di conoscenza e calibrarne le peculiarità sulla base del ruolo ricoperto.