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I cambiamenti che la pandemia ha impresso alla nostra vita quotidiana, le restrizioni e gli obblighi che sono stati imposti per contrastarla e le tante manifestazioni di insofferenza che questi provvedimenti hanno provocato ci offrono l’occasione di riflettere su una parola il cui significato è tutt’altro che scontato: libertà.

Perlopiù l’intendiamo come un valore definibile solo in modo negativo. Libertà da un potere che ci limita e ci condiziona dall’esterno: un’oppressione nazionale o sociale, un sistema politico ed economico prevaricante, pregiudizi religiosi e culturali, istituzioni e personalità autoritarie, anche in famiglia e nelle relazioni personali. È una concezione naturale nell’adolescenza, quando usciamo dal guscio protettivo dell’infanzia e, carichi di desiderio, affrontiamo il duro tirocinio delle pressioni, dei divieti, del continuo giudizio in cui consiste l’adattamento alle regole del mondo. Poeti, psicologi, filosofi hanno spesso tematizzato la libertà come posta in gioco nel contrasto tra vitalità originaria e carattere normativo-disciplinare dell’organizzazione sociale.
In realtà ogni definizione della libertà è un modo di concepire l’essere umano. Quella che si basa sul conflitto tra soggettività e strutture sociali dimentica che l’uomo non è mai vissuto al di fuori di più o meno complesse organizzazioni, e che queste non agiscono come vincoli esterni. Noi siamo biologicamente esseri sociali. Il nostro corpo, la nostra mente, i nostri comportamenti, i nostri stessi desideri si sono modellati nel lungo corso dell’evoluzione sociale. E la stessa idea di libertà, con tutto il carico di aspirazioni che l’hanno resa protagonista degli ultimi secoli della nostra storia, è il prodotto di questa evoluzione.
Ciò significa che la libertà non consiste nell’assenza di vincoli. La nostra società attuale è molto più strutturata di quelle, antiche e moderne, oppresse da poteri assoluti e irrispettose dei diritti umani. Più strutturata significa con molte più regole, responsabilità, obblighi e divieti. Regole, responsabilità, obblighi e divieti senza i quali non è possibile definire ed esercitare i nostri diritti di cittadini.

Un esempio. L’obbligo scolastico è solo una limitazione della libertà (e certamente in qualche misura lo è) o anche e prevalentemente una condizione per l’attuazione del nostro diritto alla conoscenza e alla mobilità sociale? Allo stesso modo dovremmo considerare le restrizioni e gli obblighi per contrastare la pandemia: scelte finalizzate a garantire, di fronte alle minacce del contagio, non solo la sicurezza ma la massima libertà possibile per le persone e per le attività produttive.

Ognuno di noi è libero quando la società garantisce la libertà di tutti. Non per assenza di vincoli, cioè di leggi morali e giuridiche e di poteri necessari ad attuarle, ma per il modo con cui tali vincoli si formano e si esercitano, e per lo scopo che perseguono. Uno scopo che, nelle costituzioni democratiche, coincide comunemente con la realizzazione dei diritti dell’uomo.

La libertà, in questo modo, si definisce positivamente. C’è una bellissima espressione della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti, mai ripresa in alcuna costituzione europea, che mette sullo stesso piano del diritto alla vita e alla libertà il diritto di tutti gli uomini al perseguimento della felicità. Che cosa significa? Che ogni essere umano aspira alla piena realizzazione di sè, e che libero e civile è l’ordinamento che non solo tutela questo diritto, impedendo le prevaricazioni, ma genera le condizioni perché si possa attuare nel concreto contesto delle condizioni economiche, sociali, culturali.


In filosofia si parla di autonomia etica per identificare il potere dello spirito di dare a sé stesso la propria legge. Darsi degli obiettivi, rispettarli, misurarli, attribuendo valore ai feedback sono tutti elementi utili a ridare contezza al significato di autonomia.

L’autonomia non è un concetto immediato e nemmeno innato, soprattutto quando si parla di lavoro in azienda, dove la tendenza ha portato più verso una modalità di tipo esecutrice che votata alla ricerca dell’autonomia individuale. In realtà, grazie a scenari sempre più fluidi e dinamici, il mondo delle imprese si sta muovendo verso una riscoperta del concetto di autonomia personale e organizzativa, dello sviluppo di sé, della gestione delle relazioni e dei feed-back relazionali.

Proprio perché non si tratta di un concetto innato, l’autonomia va formata e indirizzata, attraverso una formazione strategica che non deve riguardare solo i livelli manageriali ma deve estendersi a tutti i livelli dell’azienda e deve integrare, come strumento di crescita dell’autonomia, l’autovalutazione continua è funzionale alla crescita dell’autonomia.

Lo smart working efficace parte da una rivalutazione dell’autonomia, una nuova fiducia nei confronti delle persone insieme a una percezione fluida e lean nella definizione degli obiettivi.


Fluidità identifica oggi quella capacità dell’esser pronti ad affrontare contesti e situazioni nuove, sapersi muovere nella non abitudine. Significa, ancora, adattare le proprie competenze a scenari diversi da quelli per i quali sono state formate e consolidate. Una persona fluida riesce a trovare il giusto equilibrio nel lavoro con nuovi team e riesce a dare un valore anche creativo alle attività di formazione che le vengono rivolte e assegnate.

La fluidità nel mondo Hr determina una capacità in divenire di lettura e analisi delle caratteristiche professionali. Tale concetto è inoltre protagonista delle dinamiche di smart working dove cambiano gli orari di lavoro, i contesti e le relazioni.